PROGETTI
Aquerò è uno spettacolo teatrale che racconta la parte umana di Bernadette Soubirous attraverso gli occhi di Aquerò, “quella cosa” che è apparsa alla santa. Come mai tra tante, Maria,
ha scelto proprio Bernadette, così misera, ignorante e ultima
tra gli ultimi?
“In lei abitava l’Amore vero, quello che aveva imparato senza studiare dai suoi genitori. I Soubirous avevano perso ogni cosa, ma quel che rimaneva, anzi aumentava, era l’amore tra marito e moglie. Quella era la loro forza. Mai un litigio, mai un rimprovero, solo il reciproco sostegno. Si sono scelti per amore e sono ancora profondamente innamorati, nonostante i lutti, le disgrazie, la miseria. Questo incrollabile legame è stato trasmesso a Bernadette, dandole forza e sicurezza nell’affrontare ogni tipo di avversità. L’ho scelta per questo: perché nei suoi occhi ho trovato solo amore e non giudizio;
ho visto purezza infinita.”
Un flusso continuo tra fede e povertà, come la melodia che fa da colonna sonora a tutta la piecèe: un fiume che accompagna, che culla e cura.
Musiche e canzoni sono scritte da Davide Peron che da sempre ricerca sonorità diverse per raccontare in musica il filo di emozioni che attraversano l’intera narrazione.
Giulietta sono io è uno spettacolo teatrale-musicale dove storie diverse raccontano un fatto unico: l’Amore, la necessità di essere amati e di essere corrisposti è ciò che riguarda tutti noi. Nell’amore ognuno vive la pienezza della gioia più grande, ma anche la forma di dolore più profonda.
Non importa che sia un amore passionale, o l’amore inteso in senso più ampio: esso raccontadi noi il bisogno di essere accettati per quello che siamo, senza sconti, senza maschere, nella pura verità. Le storie sono raccontate da donne che appartengono al gruppo degli “scartati”, a coloro che solitamente siamo abituati a veder soffrire e quindi diventa per molti “ovvio” che la loro sia una vita difficile. Una cieca, una ragazza di strada, una mamma sposa di un immigrato. Tutte loro sono Giulietta: come per Giulietta che ha avuto una sorte amara, vittima di un amore impossibile secondo i canoni della società; così queste donne vivono il tormento del giudizio altrui sulla propria pelle, quando in fin dei conti, proprio come tutti noi, desiderano di essere amate per quelle che sono, vorrebbero trovare un Romeo che le amasse così, senza dare dimostrazione di dover meritare quell’amore. Tutte le storie sono vere, le musiche sono composte dal cantautore Davide Peron appositamente per la piecè, in dialogo con le parole del testo. Queste storie sono tutte collegate da un continuo fluire, come se tutte loro si trovassero in balia degli eventi, trasportate da un’acqua “torbia” in cui si perdono e allo stesso tempo si ritrovano.
Turoldo dice: “ Sbagliarsi su Dio è un dramma, è la cosa peggiore che possa capitarci, perché poi ci sbagliamo sul mondo, sulla storia, sull’uomo, su noi stessi. Sbagliamo la vita.” E il Dio di cui ci racconta Turoldo non è mai il Dio della guerra, il Dio della rappresaglia, del potere, ma solo il Dio della pace. Il vero santuario è la cella del cuore, dove si trova Dio, dove si incontra l’altro. Un reading teatrale-musicale che racconta la bellezza del cammino come fonte di ricchezza, dove l’incontro con l’altro genera nuova vita, dove l’amore è la risposta, narrato attraverso le parole e i versi poetici di Padre David Maria Turoldo. Un’ora in cui la musica composta appositamente per la performance, non accompagna solo la narrazione, ma diventa parte pregnante del tutto.
“La Prima Guerra Mondiale ha portato un cambiamento radicale del volto di un’intera generazione e di una intera società.
I ragazzi del ‘99 hanno rappresentato nell’immaginario dell’Italia del dopo guerra e per un cinquantennio almeno, il fiore della gioventù che per la Patria ha combattuto, si è sacrificato, immolato e ha vinto. Non che prima non ci fossero stati altri ragazzi in guerra ma dovendo eleggere dei campioni, gli ultimi diciassettenni andati al fronte son stati la scelta naturale: i rappresentanti di un paese giovane che costruiva la propria identità, finora incerta, sulle gesta eroiche di ragazzi che dal Piave son riusciti a ribaltare un conflitto che sembrava disperato. Degli eroi. E mentre gli uomini erano al fronte, le donne lavoravano nelle fabbriche, cercavano di sostenere la famiglia e in alcune aree del nostro paese hanno avuto un ruolo determinante anche per l’approvvigionamento delle prime linee. Allo scoppio del primo conflitto mondiale, in Carnia più di 2.000 donne tra i 12 e i 60 anni accettarono volontariamente di fare le portatrici per rifornire le prime linee italiane caricandosi in spalla fino a 30-40 chili di rifornimento (munizioni, cibo, medicinali, attrezzi, di tutto) li trasportavano fino al fronte.
A rischio della vita.
Due spettacoli che raccontano due storie diverse: quella del soldato, il ragazzo del ‘99, e quella della portatrice che riforniva le prime linee, le trincee in cui i soldati hanno combattuto.
Due voci che da un punto di vista differente ma contemporaneo raccontano la vicenda della guerra con uno sguardo vero, profondo e umano, osando sussurrare sogni che possano sconfiggere la paura per dare spazio alla speranza di una vita migliore, senza guerra.”
“1910, Francia, Alpi provenzali. Un giovane esploratore solitario si avventura in una zona deserta, senza alberi e senza alcun segno di civilizzazione eccetto dei ruderi di pochi villaggi diroccati. In questa desolazione il ragazzo incontra un pastore silenzioso che lo ospita nella sua modesta e dignitosa casa. Il giorno dopo l’esploratore scopre che da molti anni quell’uomo solitario pianta in tutta quella zona arida con instancabile meticolosità cento ghiande ogni giorno, dalle quali, confida al ragazzo, spera di veder crescere diecimila querce…”.
Questa è la storia che Davide Dolores e Davide Peron raccontano, una vicenda semplice ma straordinaria nella sua limpidezza, che insegna il rispetto per la natura e quindi per la vita nella sua totalità, compresa la vita di noi esseri umani.
Come accadeva durante il filò dei tempi antichi, storie di contrada che si tramandavano di padre in figlio venivano raccontate alla luce del fuoco.
Fòla de raìsa è un ensemble di storie del primo ‘900 inedite, conosciute solo oralmente, arrivate ai nostri giorni grazie alla memoria degli anziani che ancora oggi intrattengono i nipotini con racconti di epoche lontane.
Un dialogo costante tra parola e musica per dare voce a personaggi e a vicende poco note.
La musica a cura di Davide Peron, cantautore vicentino, è stata scelta appositamente in base alla narrazione dell’attrice Eleonora Fontana.
I racconti sono stati raccolti e selezionati dalla storica e scrittrice Raffaella Calgaro che da sempre si impegna a rendere noti fatti sconosciuti ai più che meritano di essere conosciuti.
Un diario rimasto nel cassetto del comodino per anni. Un diario che quasi non si poteva nominare, perché il dolore raccontato in quelle pagine era così forte, che il lavoro nei campi non riusciva a far dimenticare. Luigi Santacaterina, è stato internato in un campo di lavoro in Germania durante la seconda guerra mondiale.La sua storia è raccontata da Maria, sua moglie, attraverso la voce di Eleonora Fontana. Le musiche che accompagnano, quasi come un canto evocativo, sono di Davide Peron. Luigi non ha mai voluto raccontare i tormenti vissuti, non aveva parole per spiegare cosa vuol dire sopravvivere ad un amico che ti muore vicino.Tutto ciò che si sa, è contenuto in un diario che Luigi Santacaterina ha scritto durante il periodo di prigionia. “Il Fante Luigi Santacaterina ha avuto la Croce al Merito di Guerra per l’internamento in Germania.Questa è la storia di un uomo semplice, che ha combattuto come tanti altri, e che è riuscito a tornare a casa.Luigi è morto il 26 Febbraio 1984 . Maria il 03 Gennaio 2015, molto tempo dopo di lui. Ora sono di nuovo insieme, mano nella mano.
Qualunque guerra stiamo combattendo, non ha importanza, perchè se l’amore e il bene ci accomunano, è la mano che dobbiamo porgere all’altro, chiunque esso sia.”
Nel Paese del tesoro, tutto sembra magico. Anche le cose più semplici, le situazioni più dure, appaiono diverse: sono… SPECIALI. Qui, per anni i ragazzi del latte sono andati in cerca del tesoro di cui tutti sapevano, di cui avevano parlato anche i giornali: si diceva che el Mantese avesse scoperto un tesoro inestimabile, ma che per vari motivi,non era mai riuscito a portare le forze dell’ordine sul luogo del ritrovamento. E, anche se il tempo era passato, i ragazzi affascinati da questa storia, lo cercavano per i monti con la speranza di poterlo trovare. Col tempo però si è capito che il vero tesoro di questi luoghi… erano le persone, la gente che lo abitavae che rendeva viva la valle e le contrade. Erano i ragazzi del latte che venivano dalle contrade, che stavano sempre seduti nei banchi in fondo all’aula e facevano gruppo a sé. Per tutti noi la vita era un regalo continuo, un’esperienza nuova da vivere con curiosità, la Possibilità che ci portava via dalla vita dura della povertà. E nelle cose semplici, nei giochi per strada, nell’amicizia vera e nel rispetto dei vecchi, noi ragazzi, abbiamo trovato IL PAESE DEL TESORO.
Il “Concerto in Dialogo” ‘è una serata di confronto nell’arte dove musica e parola si incontrano: si affrontano tematiche quali l’amore, la vita e la fatica di ogni giorno. Ci si interrogherà su come si possa oggi essere coraggiosi, sul desiderio continuo dell’uomo di trovare delle risposte a domande più grandi di noi che continuamente si presentano. Si proverà a rispondere a tutto ciò cantando e parlando, in un inedito “Concerto in Dialogo” tra il cantautore Davide Peron e un portavoce della Chiesa. Davide canterà le sue emozioni, le sue paure, la sua felicità e le sue domande, mentre il Religioso risponderà con la parola, sottolineando l’importanza, più che di una verità certa ed indiscutibile, della ricerca di quella verità che, per i credenti, Cristo ha testimoniato.
I fili della storia rimangono nascosti fino a quando sono chiusi nei cassetti delle case. È quanto è accaduto alla storia della profuganza durante la Grande Guerra, una Grande Guerra vissuta e narrata da donne e bambini in una terra di confine, tra il Veneto e il Trentino, tra l’Impero Asburgico e il Regno d’Italia, dove il conflitto giunge del tutto inaspettato. Maggio 1915. A ridosso del fronte, le donne, i vecchi e i bambini sono costretti a una fuga precipitosa. Nel territorio vicentino giungono migliaia di soldati che occupano chiese, piazze e contrade. La convivenza è difficile e genera muri: al di qua ci sono le donne, al di là i militari. Solo i bambini oltrepassano la soglia e si spingono con i loro giochi negli spazi vietati. Anche la casa, un tempo luogo rassicurante e protetto, riserva spaesamenti. L’uomo, il pater familias, è assente, e la donna si trova a dover affrontare da sola l’organizzazione e la gestione dell’economia familiare. Invisibile fino a qualche tempo prima, con la guerra diventa padrona di se stessa fuggendo a ogni controllo patriarcale. Ora è lei che decide, che esce dalle mura domestiche, che si informa, scrive richieste, va a lavorare. Accanto ai mestieri tradizionali, come il lavare o rammendare divise, le donne diventano operaie nelle fabbriche, scavano trincee, trasportano sassi, preparano graticci. C’è chi prende il treno, chi scappa a piedi, chi salta sui carri. Un numero impressionante di profughi invade paesi e città. Ma la fuga per molte si trasforma in tragedia. Nella confusione generale, può accadere che le mamme perdano i loro figli. Alcune li ritroveranno dopo qualche giorno, altre dopo anni, altre ancora non li rivedranno mai più.